mercoledì 12 novembre 2008

Giulia Alberico, Madrigale


La casa del 1908, il primo di questi tre racconti d'esordio - che hanno tutti a protagonisti i legami della memoria, il tempo e le sue prigioni -, sembra svolgere la traccia di una vecchia poesia di Borges in cui si dice delle cose, gli oggetti che circondano le vite degli uomini, che sembrano essere l'emblema stesso del passare, della polvere, e invece vennero prima e loro sopravvivranno. La casa racconta in prima persona delle generazioni che ospitò e ne disloca le storie e i personaggi non secondo l'ordine del tempo, ma secondo quello dello spazio, sostituendo il prima e il dopo con un qui e là. Come muti immobili spettri, su cui stendere un pietoso e tenero sguardo.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Nei primi due racconti che compongono questa opera prima di Giulia Alberico predomina la nostalgia. La nostalgia di un passato che, anche se drammatico e ricco di dolore, diventa dolce con la memoria degli anni. Che sia la casa fatta di mattoni, nel primo racconto, o sia una persona vera a narrare la storia, nel secondo, il filo conduttore rimane una malinconia. L’uso frequente del tempo passato crea una patina che fa pensare al sogno, ad un eterno flash back e i personaggi diventano eterei, quasi fantasmi. Il terzo racconto è un doppio diario. Un dialogo scritto tra madre e figlia che durante la vita non si sono mai capite e spiegate. Molto belli i primi due racconti.